IL CASTELLO
DI TREZZO.


IL CASTELLO
DI TREZZO

NOVELLA STORICA

DI

GIAMBATTISTA BAZZONI.

PARIGI.
BAUDRY, LIBRERIA EUROPEA,
9, RUE DU COQ, PRÈS LE LOUVRE.
1838.


DALLA STAMPERIA DI CRAPELET,
9, RUE DE VAUGIRARD.


[1]

IL CASTELLODI TREZZO.

CAPITOLO I.

E voi degli altri secoli feroci

Ed ispid’avi... co’ sanguinosi

Pugnali a lato, le campestri rocche

Voi godeste abitar, truci all’aspetto

E per gran baffi rigida la guancia

Consultando gli sgherri.

Parini.

Nell’età di mezzo, età d’armi e di fanatismo,in cui rade volte i principi s’avevano di mira ilpubblico bene, l’Italia non offriva quell’aspetto floridoe ridente che attualmente presenta. Non vedevansiallora comode ed ampie strade, non sodiponti sui molti suoi fiumi e torrenti, non villaggiben costrutti e popolosi. Nell’alta Lombardia specialmentea piè de’ colli e a dilungo de’ fiumierano vaste foreste e boschi antichissimi; il suoloin molte parti non appariva che nuda brughiera oinculta landa; le strade erano torti viottoli, la maggiorparte ne’ dì piovosi impraticabili, ne’ villaggistavano ammucchiati gli abituri dei contadini, fabbricatiparte di legno e parte di sassi e creta, che[2]mal valevano a proteggerli dalla intemperie dellestagioni. Surgevano all’incontro pel contado castellidi massiccie mura, cerchiati da profonda fossa echiusi da porte ferrate: quivi o nobile, o feudatario,o guerriero stava rinchiuso per esercitare prepotenzesopra i vassalli, per tendere agguati a’ vicini,o per sottrarsi alle pene meritatesi coi delitti eco’ tradimenti. Qua e là sparsi per le borgate e lacampagna erano conventi e certose, i di cui superioriod abbati possedevano sovrani diritti. Le cittàpresentavano l’aspetto più di fortezze che si guatinominacciose, che d’asilo di pacifici cittadini: l’unadell’altra inimiche, sempre tementi d’assalti, andavanotutte cinte d’altissime mura; e si amava piùtosto con fossati e bastite di renderne l’avvicinamentodifficile, di quello che procurarle ingresso comodoed ornato.

Nè a que’ tempi era agevole attraversare le acque:i torrenti si passavano a secco od a guado;e quanto ai fiumi, se ne togli i luoghi più importantiper vie militari, ove gittavansi ponti, da pertutto il passaggio si mostrava disastroso, e il piùdelle fiate impossibile. E dove scorgi presentementeil maestoso ponte sull’Adda tra Canonica e Vaprio,allora non t’abbattevi che in due altissime ripe,entro cui quasi avvallate correvano le acque, inettea guadarsi. Surgevane pel vero un altro, erettovidal duca Bernabò Visconti, allorchè rialzò dalle rovine[3]il Castello di Trezzo; esso era guernito adue capi da torri, ma non porgeva altro ingressofuor che al castello: e però niuno ardiva, anzi chepassarlo, nè pure accostarvisi: chè chiunque fossestato trovato o su una strada, o sovra un pontedi Bernabò, era crudelmente tormentato e quindiucciso.

Alla necessità de’ passaggeri s’era però provvedutopresso Vaprio con un porto costrutto rozzamente,come quella età comportava. Appena siusciva di Canonica, scontravasi un

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